17 maggio 2019
Cesuna, alcune delle case bruciate, dalla piazza alla chiesa
Recentemente in merito all'anniversario del rastrellamento del 13-14 maggio 1944 a Conca Bassa, ho fatto il punto sullo scarso interesse che oggi i locali dimostrano verso la Guerra di Liberazione, o Guerra Civile, combattuta in queste contrade.
In questo totale disinteresse aggiungo anche la rappresaglia incendiaria del 7 settembre 1944 dove Cesuna è stata presa di mira dai nazifascisti con l'incendio di 20 case e stalle.
In entrambe le frazioni dal 1945, la popolazioni, le amministrazioni, l'ANA, non hanno mai ritenuto di commemorare le due date.
Si può dire che allora la quasi totalità della popolazione ha partecipato e collaborato in tutti i modi alla lotta di Liberazione, subendone le conseguenze ovviamente; in tutte le guerre, soprattutto le ultime, è sempre la popolazione a pagare il prezzo più alto.
Ma anche la Grande Guerra, la Prima, che ha dato l'inizio ad un trentennio di orrori, ha causato morte, distruzione e la dispersione della secolare cultura dei Sette Comuni.
Nessuna possibilità allora di ribellarsi, solo quella di tacere, leccarsi le ferite, ed emigrare come al solito.
Ma se per la Prima Guerra Mondiale gli Alpini si spendono ancora oggi in celebrazioni e adunate a non finire, con retorica a senso unico, sopravvissuta al Ventennio, continuamente rinnovata senza l'autorizzazione dei diretti interessati, i Caduti, mazziati e cornuti, per la Resistenza tutto tace, o meglio viene taciuta, come fosse stata la guerra sbagliata.
Mi tocca dar ragione all' anarco-fascista Leo Longanesi
“Il vero guaio è che non abbiamo perduto abbastanza: ci sentiamo quasi vincitori” e vincitori continuano a sentirsi i fascisti, nonostante il fastidioso periodo della Resistenza da cui è nata la Costituzione.
Conca Bassa e le contrade ribelli