CREDERE-OBBEDIRE-COMBATTERE
Nel 1936 si sono conclusi i lavori per la costruzione dell'Ossario di Asiago e nel 1938 al suo interno sono state raccolte le spoglie dei Caduti italiani, più della metà non identificati.
Ora sul colle del Leiten un mastodontico monumento di pietra eretto nel tipico stile fascista dell'epoca dominava la nuova Città; una città sulla quale il regime aveva investito con parate e memorabili raduni sportivi sotto le insegne delle aquile imperiali e la M del duce.
L'intento del regime era quello di creare l' “italiano nuovo” per mandarlo a combattere su altri campi di battaglia, ben più lontani dagli incerti confini nazionali di qualche anno prima.
Benito Mussolini non poteva mancare all'appuntamento sul Leiten, dalle ceneri di quell'inutile strage aveva creato le premesse del suo successo e ora l'Italia era tutta con lui pronta a misurarsi con il resto del mondo. L'imperativo era l'Impero.
La casa degli Zorzi
Mosson
Nel percorso per salire ad Asiago il duce è passato per Mosson che da sempre è considerata la porta dell'Altopiano, il ponte dei Granatieri taglierà fuori la piccola frazione solo trent'anni dopo.
Il corteo di auto si è fermato nella piazzetta e come tutti anche Mussolini è sceso a sgranchirsi le gambe; non sappiamo se nel frattempo è entrato a bersi una gazzosa dal Pelado o al Centro Bar dalla Federica, fatto sta che si è messo a passeggiare pensoso avanti e indietro, e quando pensava il duce c'era da aver paura. Giunto al bivio di via Trenti si è fermato davanti alla casa degli Zorzi, dove il giorno prima i mossonesi avevano astutamente dipinto in fretta e furia sulla parete prospiciente la via principale il motto della trinità fascista “Credere, Obbedire, Combattere”.
Il duce mani ai fianchi rimase immobile con la mascella protesa verso l'alto, e quando guardava in alto c'era da avere ancora più paura.
Come i dittatori ben sanno le dimostrazioni di prestanza fisica hanno sempre avuto un grande fascino sulle masse, in questo il fascismo non era secondo a nessuno: erano andati a prendersi Roma A piedi e avevano attraversato per primi l'Atlantico in aereo dando dei pivelli agli americani. Ora il duce, in due e due quattro, com'era nel suo stile sbrigativo, aveva maturato l'idea di salire a piedi ad Asiago per l'Antica strada del Costo, una strada dell'epoca imperiale che aveva permesso alle legioni romane di sottomettere le infide popolazioni nordiche dei monti che attentavano alla purezza latina dell'Impero.
Si stava già spogliando a torso nudo quando gli si sono avvicinati alcuni gerarchi locali; il gruppetto si è messo a confabulare per un po' guardando verso l'alto le poco rassicuranti balze del Costo tra il Cengio, la Pendola e la Val Canaglia.
Di lì a poco il duce è stato convinto a ricomporsi e risalito in auto ha ripreso il viaggio sulle quattro ruote per l'Altopiano.
Da indiscrezioni postume si è venuti a sapere che un gerarca locale, presente alla sua prima venuta in Altopiano in occasione dell'inaugurazione del nuovo Ponte di Roana nel 1924, gli rammentò che in quell'occasione la popolazione locale non era stata tanto amichevole nei suoi confronti, e solo una pioggia torrenziale gli permise di cambiare aria e ritornare a Vicenza.
Quello che i tzimbar non gli avevano mai perdonato era l'invito che rivolse agli italiani nel 1916 dalle pagine dell'Avanti:
«Se nelle vostre città incontrate qualcuno di questi profughi delle province di confine, sputategli in faccia»
Del resto proprio ottant'anni fa, il 18 settembre 1938 a Trieste, il duce promulgò le leggi razziali contro gli ebrei; tra un tripudio di folla annunciò le soluzioni necessarie per affrontare il problema ebraico.
Per mantenere il «prestigio dell’impero» occorre «una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità nettissime» e infine esclamò tra le ovazioni: «L’ebraismo mondiale è stato durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del fascismo».
E lì non c'era Hitler a suggerire, la farina era tutta dell'italianissimo sacco fascista.
Mussolini all'Ossario del Leiten
Raduno dopolavoristico sciatorio, 1938
Maddarello "sciatori del duce a noi!"