Le storie dei Tönle

18 gennaio 2019

Notte insonne, il vento di fuori che non da tregua, non posso neanche uscire a fare un giro col cane perché non ho un cane, e non troverei neanche un bar o un'osteria aperta per tenere sveglia la banconiera come si può fare in città. 
Con l'ultimo libro di Targhetta non riesco ad ingranare con le prime pagine, e allora apro il computer e faccio un giro per i social sperando di prendere sonno guardando le noiose sequele di albe e tramonti tutte uguali, come le pecore degli intervalli tv di una volta.
In realtà so che trovo sempre qualcosa di interessante prima di riprendere sonno, anche se mi devo tappare il naso, i social sono fatti così, come le pattumiere; lo dico senza intento polemico, quando pubblico qualcosa “farina del mio sacco” so che da allora non sarà più mia, non la firmo neanche, non mi piace autenticare qualcosa che viene da lontano, anche se sopra ci ho costruito una storia.
Ecco due pezzi delle mie storie che ho recuperato stanotte: due cani che non ho, che tornano dopo una notte brava con un nulla di fatto, pancia per aria e coda fra le gambe.

La piana di Tönle Bintarn
La prima immagine mi sta molto a cuore, riguarda l'argomento che sto approfondendo negli ultimi post; a suo tempo avevo scritto la provenienza, la data e l'avevo inserita nel contesto della “Storia di Tönle”, un paesaggio che Mario Rigoni Stern conosceva e ha descritto a menadito.
Ora la storia mi ritorna con un nulla di fatto, nemmeno il nome di alcune case che avevo lasciato in bianco; l'autore che ha pubblicato la foto, suppongo esperto di Alpini e Hockey, accompagnandola in senso di sfottò ironico con la dentiera dell'emoj, alla domanda dell'amazzone che gli chiede delucidazioni sulla data, risponde: boh!
La data è quella del 15 maggio 1916, una data che ha cambiato la storia dell'Altopiano dei Sette Comuni, sembra per sempre.
Unica consolazione, in un altro commento un abitante di quelle contrade dichiara: 
“Mi 'sta foto la go tacà sul muro in casa, e me la vardo de gusto tute 'e volte....a xe un bel vedare....anca parché? ghe vedo casa mia.”
...Chissa!

La casa di nonno Tönle
La seconda immagine “rubata” è stata pubblicata nel gruppo del campanile che si vede a sinistra; è un disegno tratto da un'antica foto, che ho fatto ad imitazione di quelli di Lino Vanzetti che accompagnano il libro di A.Baragiola. Il motivo era di ricordare il nome dell'antica strada della Obastast (ora via Dante) circondata dalle stoan platten prima che arrivassero i paracarri della nuova strada del Costo, e prima che nonno Tönle Gossar con i suoi fratelli costruisse e ricostruisse la grande casa dei Frigo Tomba tra il 1909-1921, tra una emigrazione e l'altra negli Stati Uniti e qualche anno di guerra.
L'autore del “furto” lo conosco bene e si incaponisce a pubblicare foto decontestualizzate, prese a casaccio qua e là, attorno alla Resistenza locale.

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