1 Fabbris
Il Giornale di Vicenza
30 gennaio 2019
Oggi il GdV mi propone una bella pagina della Cultura con alcuni amici impegnati su fronti diversi. Giuseppe Mendicino persevera con utilissime pubblicazioni nel suo lavoro di divulgazione dell'opera di Mario Rigoni Stern; l'ultima sul convegno tenuto ad Asiago nel '17.
Peccato che Nicoletta Martelletto, per altro una brava giornalista, abbia voluto con l'occasione riciclare un vecchio lavoro di Elio Armano: un “vecchio” sessantottino con il quale mi ero barricato nell'Accademia di Belle Arti nel '68, che ora si vorrebbe barricare-riciclare quassù come artista “imbrattatore” di laste.
«...una volgarità da far male, provo a immaginare i familiari che vi passano davanti ogni giorno... »
commenta l'amico Andrea Nicolussi Golo.
Le platten non hanno bisogno di artisti e fotografi da calendari di cui siamo sommersi, hanno bisogno di mani che le sollevino, che le accarezzino, che le raddrizzino, che le sostituiscano, che ripristino i loro percorsi perduti.
Le stoan platten come le montagne sono sacre, il paesaggio non va imbrattato per mettere in mostra artisti e archistarlette, che usano basamenti di cemento in alta quota a sostenere le loro banalità;
ci bastano i piloni delle seggiovie e degli skilift che nessuno toglierà più di torno.
Boschi pieni di cuoricini di legno (like), gnomi e maghetti (Disney) stanno invadendo i sentieri deturpandoli come se i boschi fossero una succursale di Gardaland, perfino la Calà del Sasso non ne è esente, ad ogni curva una scemenza. La Calà è già un'opera d'arte, se proprio volete fare qualcosa portatevi un seghetto da boy scout e date una mano al Cai tagliando qualche ramo.
2 Mendicino
L'articolo più sotto è dedicato all'amico di sempre, il verbigeratore Giorgio Fabbris, e alla presentazione della sua autobiografia domani sera da Galla. Anche noi eravamo barricati all'Accademia in quegli anni, ma per motivi ben diversi da quelli di Armano.
Per noi l'arte non è mai stata facile, non si è mai fatta prendere facilmente, e non è mai stata consolatoria, ma fatta di performance dove ci mettevamo alla prova con il teatro di strada, e opere “memorabili” come “Sonata per Altopiano” e “Viaggio verticale” degli anni '70. Un'arte Dada sempre contraddittoria, una trappola, come l'Art brut.
A domani vecchio rugginoso ciarlatano!
«La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome. L'arte è soprattutto visione e la visione, molte volte, non ha nulla in comune con l'intelligenza né con la logica delle idee.»
Jean Debuffet