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Moschin Alessandro, nato a Mantova il 15-2-1921, deceduto l'1-5-1945

Quando da Pedescala salgo al Bostel di Rotzo per i tanti sentieri che si inerpicano sul ripido pendio, non posso non ricordare  i terribili giorni a cavallo tra aprile e maggio 1945. Mai la Valdassa aveva visto tanto movimento sulla strada del fondovalle e sui sentieri e le mulattiere che risalgono i due versanti opposti di Castelletto-Rotzo e Tresché Conca.
Erano i terribili giorni a cavallo di aprile maggio 1945, la Liberazione era in ritardo.
I sentieri erano pieni di civili superstiti della Strage di Pedescala in fuga dai tedeschi che incrociavano in senso opposto tutti i giovani combattenti delle formazioni partigiane unite, Autonomi della Sette Comuni e Garibaldini della Pino, che accorrevano sulle Cenge sovrastanti Pedescala sotto il comando di “Giulio”, Alfredo Rodeghiero Fornaretto di Asiago.

Tra questi Alessandro Moschin di Mantova, 1921, della Compagnia “Monte Lemerle”, Brigata “Fiamme Verdi”, col nome di battaglia “Mantova”.
Tutti lo ricordavano riverso con un buco in fronte, a poca distanza dal 27° tornante della Strada delle Banchette dove sono state erette le due lapidi in ricordo. E' stato colpito mortalmente mentre si esponeva a controllare la strada sottostante. I tedeschi stavano incrociando il tiro da tutte le parti per trovare un varco, ma desistettero.

Così mi ha raccontato “Anita”, Antonia Capriz (1923-2017), partigiana di Albaredo.
«Gli ultimi giorni prima della Liberazione ero a casa, e mentre i tedeschi cercavano di salire da Pedescala due dei nostri sono stati uccisi.
Volevamo portare dei fiori al funerale e con altre amiche siamo scese giù per la Valdassa a raccoglierli.
Siamo state prese di mira dalla mitraglia dei tedeschi appostata sul fondo della valle, vive per miracolo! - Ma c'era anche un cannone che sparava, alcuni colpi giunsero sui pascoli delle contrade basse di Roana - Ci siamo nascoste in un boschetto aspettando che venisse notte per tornare a casa».

Alessandro Moschin ormai nessuno sa più chi sia, ma c'è sempre qualcuno che passando di là e lascia un fiore. Così avviene anche dall'altra parte della valle, nel versante di Tresché Conca in prossimità del Prà da Roi, tra i sentieri del Rapàro e dei Campanari. Lì, da quando è stata ripristinata la croce del “Poeta”, Guido Bottegal 1924, di Treviso, gli abitanti delle contrade hanno ripreso a portargli dei fiori; Il Poeta ribelle non era né partigiano né spia, tutti lo sapevano che a lui la guerra non piaceva, ma in quei tempi non si andava per il sottile ed è rimasto insepolto dal 17 marzo '45 fin dopo la Liberazione.