Lunica pelliccia

 

IO E MARINA

 

Io ho vissuto tutta la mia vita tra gli artisti. Un rapporto, quello con loro, iniziato con l’amicizia, proseguito con amore e ora con grandissima ammirazione mista a un po’ di nostalgia. I tempi sono cambiati e io ogni tanto li rivivo nei sogni. Tutte le persone che frequento e gli uomini che ho amato dovevano avere un legame con l’arte”

Marina Ripa di Meana

 

Anch'io ho avuto un rapporto con Marina, erano gli anni '80, nel pieno dei primi carnevali veneziani, quelli veri, pochi.

In realtà non fu un vero rapporto, allora ero troppo anche per lei; io frequentavo le calli, i campielli, le notti gelide e indimenticabili di una città che per qualche anno ebbe un breve sussulto di vita, prima di riprendere il suo inesorabile declino.

 

Interpretavo lo Zanni, la maschera del cialtrone di strada, di montagna, sceso in città per rivitalizzarla.

Lei, Marina, frequentava i palazzi, riaperti da nobili affittacamere squattrinati, e molti politici, soprattutto socialisti che allora imperversavano. Erano finiti gli anni '70, gli anni di piombo, c'era voglia di leggerezza.

Marina che non aveva letto neanche un libro, ma aveva avuto come testimoni di nozze Moravia e Parise “i miei dioscuri”, si portava appresso “un tir di cognomi”, un codazzo di intellettuali e cortigiani e un bel po' di cappellini.

 

Una sera che andavo di fretta, superai uno di questi gruppi, che uscito da un palazzo si stava dirigendo in un altro lì vicino; al mio passaggio si creò il silenzio, a cui seguì il solito scompiglio con gridolini e commenti.

Dal gruppo si staccò la dama più appariscente, già la conoscevo perché il suo cappellino faceva sempre la differenza; mi seguiva, ma io non avevo tempo ,e per liberarmene le indicai la direzione che avrebbe dovuto prendere per raggiungere il Palazzo che sapevo essere la loro meta. Ignoravo chi fosse, e mi dispiacque un po', di lei avevo notato le caviglie: un dettaglio non da poco, che caratterizzava allora anche tutti i miei costumi, l'unica parte del corpo che esponevo spudoratamente.

Avevo anche dei tacchi alti, truccati a rocchetto, che mi permettevano di correre agevolmente, anche di difendermi, subii più di un'aggressione, e così allungai il passo e la distanziai.

Avevo un appuntamento con un gruppo di musicisti napoletani che suonavano i balli di Sfessania in una corte sconta defilata, un'antica danza con radici nel tarantismo, non potevo perderla.

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Finita la storia? No.

 

Il 16 febbraio 1993, più di dieci anni dopo, venni a sapere che la misteriosa dama del cappellino era Marina Ripa di Meana, già Lante della Rovere, come si usa nei nisioleti della toponomastica veneziana.

La vulcanica Marina, era ospite fissa di molte trasmissioni televisive, come opinionista provocatrice, che finivano anche a torte in faccia.

In una di queste, “Giù la maschera”, la presentatrice Enrica Bonaccorti le chiese se avesse incontrato qualche maschera interessante al Carnevale di Venezia.

La Marina colse l'occasione per raccontarle del nostro “mancato” incontro.

Dopo una dettagliata descrizione del mio costume, tirata per le lunghe con arte, sollecitata dall'ignara conduttrice a rivelare cosa avesse visto, finì con lo svelare cotanta meraviglia:

“Un cazzo con le gambe”.

La Bonaccorti la prese a male e la cacciò dalla trasmissione; anche la Marina la prese a male e diede mandato agli avvocati di occuparsi del caso.

 

Ciao Marina, spero che al di là tu non debba troppo soffrire di noia, il nostro peggior nemico.