1a ritratto PolifemoDOPO LA BEFANA, POLIFEMO

Sono profondamente amareggiato, era dai tempi de la “Befana xe to mama”, che non provavo una delusione simile.

Ieri sulla costa di Erice, la città dei semidei, a due passi dalla spiaggia dove Virgilio ci racconta che Enea seppellì il padre Anchise, la stessa spiaggia dove giungevano i mercanti da tutti i porti del Mediterraneo per salire al Tempio di Venere, dove le sue sacerdotesse Ierodule praticavano la prostituzione sacra, e dove hanno lasciato le loro tracce Ercole e Minosse, in una grotta che si affaccia sul mare, autorevoli archeologi hanno demolito anche il mito del mio gigante preferito.

Mi ero aggregato ad un gruppo di amici ambientalisti che si danno da fare per sensibilizzare l'opinione pubblica per documentare e rendere fruibili le bellissime grotte del litorale.

Armati di guanti e sacchi dell'immondizia, abbiamo ripulito la grotta ridotta ad un immondezzaio.

L'ARCHEOLOGO NELLA GROTTA DEL CICLOPE

“Vedete”, ci ha detto l'archeologo delle grotte Alberto Scuderi, “Nella provincia di Trapani ci sono le grotte più importanti d'Italia, cominciando da Levanzo, la terza dopo Altamira in Francia e Lescaux in Francia. Tutto ciò che noi vediamo è dovuto alle glaciazioni, che furono cinque. Il mare 11.000 anni fa, alla fine dell'ultima glaciazione nell'Era del Würm, non era lì davanti a lambire la strada costiera, ma 12 miglia più lontano”. È risalito per colpa dei capricci millenari legati al disgelo, e allo scioglimento dei ghiacciai e dei fiumi che riempirono i mari. La grotta dominava una estesa pianura di fiumi e lagune che comprendevano anche le isole di Favignana e Levanzo; un'estesa prateria piena di animali che l'uomo primitivo cacciava con ogni tipo di selce lavorata; tra questi il Paleoloxodon, un elefante antico, endemico della Sicilia, di cui la grotta ha conservato un femore. Un tempo la grotta era quasi tutta coperta, non solo di guano, ma anche di ossa di cervi, cinghiali, ippopotami: i resti dei pasti dei nostri antenati.

Uno strato di quattro cinque metri di ossa vennero esportate in Francia nel '700. Allora i regnanti facevano a gara a regalarsi servizi di porcellana preziosissimi; una corsa a chi riusciva a scoprire la misteriosa tecnica delle porcellane cinesi, finché ci riuscirono anche grazie ai depositi di ossa di queste parti.

“Purtroppo” - continua l'archeologo , interrompendosi solo per notare il passaggio anomalo di una rondine - “tutte le grotte della provincia sono in mano ai vandali; se siete dei cretini potete scrivere “Giuseppe ama Maria”, se siete persone intelligenti, come vi ho visto fare questa mattina, raccogliete i rifiuti e ve li portate via. Questa è la prima, ora restano da pulire le grotte di Custonaci, San Vito...

L'archeologo ci ha edotti anche sul fatto che a Siracusa è stata trovata una famiglia di tre elefantini nani; il maschio di un metro e mezzo, la femmina di un metro, unica al mondo senza zanne, e figlio di trenta centimetri.

La cosa bella è che da questi elefanti nani nacque il mito di Polifemo, perché anticamente si trovarono molti teschi di questi elefanti con un buco al centro, che si pensava fosse la cavità dell'occhio di un ciclope. Invece in quella cavità era attaccata la proboscide dell'elefantino nano.

NEANDERNTHAL O HOMO SAPIENS ?

Perso il mio idolo, mi sono rivolto ad un'altra appassionante ricerca.

L'archeologo “grottologo” ha ripreso il discorso con un'altra appassionante questione.

“Dall'Africa a un certo punto arrivò l'uomo Abilis Sapiens; qui c'era solo l'uomo di Neanderthal e i due lontani parenti convissero per 8.000. Recenti approfonditi studi hanno stabilito che noi Sapiens Sapiens abbiamo ancora nel nostro dna, tracce dell'uomo di Neanderthal.

Si vede che in questo lasso di tempo, l'uomo Sapiens Sapiens, aveva visto questa donna pelosa, gli è piaciuta, e si è accoppiato. Lo stesso per l'uomo di Neanderthal che si è incontrato con una donna Sapies Sapiens tutta bianca e tenerella, si sono piaciuti e...”. Ad arte il relatore si ferma e nella grotta segue un lungo brusio; tutti, favoriti dalla penombra, ci indaghiamo con circospezione.