Fiocco di spino,
alburno d'olmo:
trema il divino
bambino in culla.
Dio-olmo monta
le stanghe aeree,
nell'aria tesa
pronta sul filo
un'ombra barcolla.
Poi tutto splende
nel cielo che annera,
brilla una stella
là nel fondale:
Dio-olmo, è già Natale!
(Antonio Daniele)
Diolmo è stato scolpito nel 2010 in una tzoca di olmo di Canove di Sotto, con l'ombelico nel primo anello di crescita. Il primo anno era sotto una hutta, un casun da vaccaro-carbonaro, costruita con l'antica tecnica di blockbau, conifere incastrate tra loro senza chiodi, montata su una slitta semovente, come si realizzavano nei nostri altipiani un tempo. Era "Diolmo dagli antichi mestieri"; con tzapini, tzerci, clammare, tzigar bessar, scintar...e quant'altro usavano i nostri vecchi nel bosco.
Il secondo anno Diolmo è stato “covato” sotto una grande stella cometa, costruita con sole "Sgresende di luce di larice", dei filamenti di larice lunghi fino a cinque metri. Il larice è il legno più tenace, solitario e ribelle delle nostre montagne, l'albero che cresce più in alto tra le pietraie e i burroni...più vicino alle stelle. Una tromba d'aria dispettosa ha provato ad importunare l’installazione, ma il larice è abituato a resistere ad ogni sorta di evento: si piega, si contorce e in questo caso la stella si è solamente spostata. Ho celebrato l’evento con un vernacolo “El diciassette de dicembre, ale tre de matina, na tromba d'aria la se ga ingropà in val Ghertelina. Pezi, tanne e arese, de tuto la ga fato ‘na gran rovina. Continuando a far la matta, tra el Billeme e la Meatta,.
la xe rivà al ponte de Roana e po’ su a Canove con forza sovrumana. Ma ‘sta tromba no la se spetava de trovarse in te ‘na rotonda, e, in quel che ‘na volta giera el bivio del Talian, la se ga cussì incateià che la ga trato zo un bell’albero de Nadal. Gira e rigira la ga perso la mira e invesse de andar verso Asiago, Gallio e Bassan, la ga voltà par Cesuna come un uragan. Passà el Ghelpach, verso el Joch, tutto un gran ramaloch! Barache, lamiere, fassine e legnare, tuto da rencurare.
E la gran stela che de sgresende in Crosara splendeva? No ghe xe sta nè Madone nè santi e gnanca i tre maghi, la la ga voltà de 90 gradi. E là la resta, co la so bela cresta, e speremo che’l fioca,
sora al Diolmo, che ogni ano el vien fora dalla soca…” a cui ha ribattuto l’accademico olimpico Antonio Daniele “Na cometa de pesso, on puteleto de olmo domanda ‘con parmesso’ de farse ‘vanti ‘nte sto mondo. Li sbate ‘na bufera che vien de là del monte e ne la note nera li strapega in t’on giro tondo”. Per il suo terzo compleanno ho regalato a Diolmo un auditorium, un nido capovolto dove accogliere i nostri amici. Come negli altri anni è stata utilizzata legna a chilometro zero, tagliando i cespugli che crescono ovunque, senza controllo, alberi minori come noccioli, maggiociondoli jegani, pruni spinosi sui quali maturano d'estate le bacche sleghe, che danno un'ottima grappa: ultimi arrivati come extracomunitari a riempire antichi percorsi e praterie che nessuno più usa ed ha interesse a ripulire. Come ha detto Sergio Bonato, compianto presidente dell’Istituto di Cultura Cimbra di Roana, “una capanna, una cupola intrecciata di rami di nocciolo, di maggiociondolo, di pruno spinoso, per cercare protezione, per cercare un rifugio, nel buio e nel freddo delle nostre notti e dei nostri inverni. Un rifugio per trovare dentro di noi qualcosa di antico e di nuovo, simile a un Gher mongolo. Il Diolmo di Giorgio Spiller è qualcosa di più di una semplice suggestione natalizia, nel giardino del Bar Lemerle in centro a Cesuna. Quell’intreccio di rami alzato come una piccola chiesa attorno al Bambino, intagliato nel tronco di un nostro olmo, è carico di poesia e di valore simbolico: tra i vari significati del Natale può esserci anche la riscoperta del nomadismo, di tanti fratelli nomadi del passato e del presente, il nomadismo del Gesù nato in una stalla nel deserto di Betlemme, il nomadismo dei cimbri, iniziato nel Medioevo dalle regioni germaniche del nord Europa , continuata nelle secolari transumanze lungo le pianure venete e poi nelle emigrazioni bibliche in tutti i continenti. Così il Diolmo può essere anche un’occasione per riscoprire e ripensare tante cose”. L’anno successivo ad abbracciare Diolmo è stato uno gnaro, il nido dello scricciolo, e quello dopo ancora una stella dodecaedra, Fiocco di Spino. Bene mi ha capito anche l’eclettico amico Giampaolo Mosa Rostan che ha ribadito “sol To stile sempre strano e s-cieto, che bisogna sudare diexe camixe par capirlo e interpretarlo, come che fa i teologi co la Sacra Scritura, piena de misteri, ma quando che Te se ga capio Te cambi strada e Te crei altre sorprese e birichinate,come un Bildarman ch'el zigava in bosco cose strane che la jente no capiva, parché i ghe gaveva portà via el so putelo da la so tana. anca Ti Te salti misterioso come un sanguanelo e in fin dei cunti Te si restà un putelo”, proprio come il Diolmo
FESTE
Il Bar Lemerle, in Crosera a Cesuna, ha per anni ospitato l’incontro natalizio per festeggiare Diolmo, Talvolta per l’occasione improvvisati coristi, guidati da Pierangelo Tamiozzo, noto cantore cimbro, hanno rispolverato gli antichi canti della Stella, recuperati negli anni Settanta, anche a Cesuna. Nel 2012 ai convenuti è sono stati offerti una cinquantina di litri di vin brulé con sole spezie locali, sul fuoco nella cagliera all'aperto sotto la neve. Altri amici hanno portato torte salate, dolci, e patatele di Rotzo cotte sulla legna. Giorgio Rigoni Candida, allevatore, scrittore, funambolo improvvisatore è venuto a tranquillizzarci in rima sui sinistri progetti che aleggiano attorno alla sua contrada, Pino da Thiene, con grande professionalità ha animato la serata alla consolle. Infine don Germano Corà come ogni anno è ritornato nella sua Cesuna per benedire Diolmo in odore di eresia.
Ma la vera star della serata e stato Bruno Frigo da Sculazzon, classe 1923. Dopo le ultime negative vicissitudini, ovvero il mancato rinnovo della patente (per nostra fortuna) e la frattura di tre costole in seguito ad una caduta, Bruno non ha mancato di imbracciare la fisarmonica e ci ha suonato i suoi motivi russi. Alla fine, fuori ordinanza, non potevamo non concedergli di suonare “Bella Ciao”.
CARO GESÙ BAMBINO
(forma sfera sgresenda)
Caro Gesù bambino, ti prometto che non sarò buono con
Quelli che il fine settimana lasciano le morose, le mogli e i figli, chiudono il cervello dentro un casco...usano il Costo come fosse l'autodromo del Mugello...e riducono noi pendolari come birilli.
Quelli che fanno uso improprio di sostanze cementifere, distruggendo il territorio......provino a disintossicarsi con il legno.
Quelli che hanno venduto pascoli, orti, stalle...ed ora, grazie a loro le immobiliari al posto delle vacche mungono i villeggianti, senza dargli nulla in cambio.
Quelli che costruiscono bellissimi centri culturali e teatri...ma non li usano, non li sanno usare, non li vogliono usare, li fanno solo costruire e chiudere, come le seconde case…
Quelli che lasciano deperire scuole chiuse ed antichi edifici... invece di farne piccoli musei del territorio...o luoghi di incontro...
Basterebbero due stanze per fare una biblioteca, un primo nucleo di aggregazione per giovani disorientati, donne ed anziani isolati, bambini privati di fantasia dalla televisione.
Quelli che hanno portato la Barbagia a Cesuna... certi cacciatori...scortecciando abeti...tagliando sorbi...bruciando capanni e roccoli.
Quelli che sparano... a due passi dalle abitazioni...con pessima mira... dentro le case di famiglie inermi...e non chiedono nemmeno scusa.
Quelli che si stanno impegnando per commemorare il centenario del 1° conflitto mondiale...ed hanno permesso che la Valle dei Magnaboschi, ecomuseo e terra sacra, fosse svenduta agli interessi delle immobiliari.
Quelli che hanno permesso di far dipingere l'antica cappella dei Mosele, appena restaurata, con stridenti colori da pasticceria...colori mai visti che stanno dilagando in tutto l'Altopiano.
Quelli che non curano il bosco...e non ne fanno conoscere i monumenti arborei secolari...
Quelli che vogliono i turisti, ma non segnalano gli antichi sentieri con tabelle e toponomastica storica, non li collegano tra loro, non li riaprono togliendo i cespugli per renderli percorribili, facendo così conoscere il nostro meraviglioso territorio.
Per esempio l'antica strada che dai Mosele sale alla Gaiga, percorso medioevale tra Asiago e Canove sepolto nell'erba dei prati.
Quelli che non proteggono le laste, capolavori di tecnica e sudore altopianese.
Quelli che la guerra del ‘15-‘18 non è mai finita e tirano reticolati dappertutto e non sanno più costruire una luka (passatoia), aspettando solo che arrivi la lottizzazione amica...i villeggianti, poi, dove li faremo camminare? O ci accontentiamo di sole case vuote?
Quelli che lasciano al degrado le pozze di abbeveraggio...tanto no ghe xe pi le vache. le rane, le likastrazze (le salamandre), le libellule, flora e fauna del l'ambiente naturale tipico altopianese, la nostra economia sostenuta per secoli da ovini e bovini? E le nostre rare, preziose sorgenti e fontane? Cosa aspettiamo a salvare i Pozzi di Cesuna, senza mire speculative?
E la sorgente del Kaltaprunno, agli Holla di Canove minacciata da una strada diga abusiva sul letto del Ghelpach?
E quella della Rèndela a Canove di Sotto?
Invece di costruire tristi fontane moderne?
Quelli che tanto ormai è troppo tardi ed è tutto perduto...bella scusa per completare l'opera di distruzione e finire di fare man bassa del territorio.
Seneca ha lasciato detto: “Sa indignarsi solo chi è capace di speranza.”
Cesuna Natale 2010 Giorgio Spiller
2010 - DIOLMO in Hutta
2011 - DIOLMO in Sgresenda
2012 - DIOLMO in Gnaro
2013 - DIOLMO in Fiocco
2014 - DIOLMO in Capanna