Il maestro Alfredo Rodeghiero 1919 era della contrà Costa di Asiago dove il padre Antonio faceva il fornaio. Il soprannome tzimbar della famiglia da Runz divenne Fornaretto.
La mamma era una Rigoni Pun. Il nonno Nicola aveva la passione di coltivare le patate in Val Giardini, interpellato dai passanti: “Come xela Nicola? - rispondeva - Patatele, patatele!”
Il soprannome tzimbar della famiglia da Pun divenne Patatela.
Il tenente Alfredo con i suoi Alpini sulle montagne di Strigno
Il Tenente degli Alpini Alfredo durante la guerra era stato ad Aosta, ai confini della Francia che l'Italia aveva aggredito salendo sul carro dei tedeschi.
L'8 settembre 1943 Alfredo si trovava vicino a casa nella caserma di Strigno, mentre i tedeschi stavano invadendo l'Italia scendendo dal Brennero.
In quel drammatico frangente molti suoi colleghi ufficiali tagliarono la corda lasciando allo sbando i soldati, o peggio consegnandoli in caserma in attesa dei tedeschi.
Alfredo che aveva l'animo del buon padre non si perse d'animo, raccolse in gran fretta tutti gli Alpini altopianesi e del circondario di Bassano e con loro scese in Val Sugana: i crucchi nel frattempo stavano già impadronendosi di tutte le strade.
Conoscendo a menadito i roversi dell'Altopiano che aveva di fronte, Alfredo attese il momento opportuno per attraversare la Brenta e mettersi in salvo guidando il gruppo di sbandati sulle erte pendici dell'Ortigara. Alle loro spalle l'inutile gracchiare della mitraglia tedesca li accompagnò fino al passo dell'Agnella dove giunsero trafelati ma liberi. Alle 10 di sera erano già in Val Giardini.
Alfredo Runz Fornaretto divenne il comandante “Giulio”, raccogliendo i suoi oltre il Podrecche tra lo Zebio e il Corno di Campo Bianco.
Il comandante "Giulio" suL Podrecche. Alla sua dx si riconoscono "Ottaviano", "Pat" e "Ivan". Alla sua sx Fernando Gatti, "Attila", Enrico Forte, Vacca e ultimo Danilo Micheletto
Il fratello Domenico Nico del 1921 l'8 settembre si trovava con gli Alpini in Montenegro, che gli italiani avevano invaso senza chiedere il permesso.
Tra quelle montagne non ebbe scampo dai tedeschi che lo spedirono su un carro bestiame in Germania, ma prima del Brennero Nico ebbe la prontezza di rispondere alla richiesta di lavorare per una famiglia a raccogliere mele, e fu la sua salvezza.
La sorella maggiore Giuseppina, deposta la cesta per la consegna del pane, cominciò la carriera di staffetta partigiana di famiglia, prima facendo la spola con Bolzano portandogli i vestiti e poi riportandolo a casa.
Intanto alla Costa i genitori più antifascisti dei figli lavoravano sodo per fare il pane, di giorno per i fascisti e di notte per i partigiani.
Quando Giuseppina, tradita da un vicino di casa, trascorse un mese in carcere ad Asiago, venne sostituita da Rosetta e dalla più piccola Elda che racconta;
«Stavamo andando a dottrina a piedi con la Lina dei Podestà, sulla strada dei Cinque abbiamo visto un assembramento di fascisti in tuta mimetica attorno al campo d'aviazione.
Siamo subito ritornate indietro ad avvertire i fratelli che stavano giocando a carte, anche la Lina ne aveva due nascosti in stalla.
Sono tutti scappati dietro casa su per il Katz mentre io piangevo disperata.
Non ho più visto Alfredo per un anno e mezzo».
Monte Zebio. "Giulio" sulla dx e alla sx con l'impermeabile bianco "Ottaviano", l'ing. Giovanni Carli a cui verrà dedicata la piazza principale di Asiago
Alfredo “Giulio” da buon padre degli Alpini divenne il buon padre dei partigiani autonomi o badogliani, un gruppo unito più dal campanile che dall'ideologia: “Ivan” e il futuro cognato “Attila” di Canove erano comunisti, come gran parte dei giovani delle contrade alte di Asiago; un insieme di paesanità che tanto attirava Luigi Meneghello, accampato un po' più sopra col suo gruppo cittadino di coetanei studenti senza campanile, sgangherato ma molto coeso, raccolto attorno a Capitan Toni Giuriolo e i principi di Giustizia e Libertà.
Durante i rastrellamenti dei primi di giugno 1944 tra i Piccoli maestri ci furono sei caduti, mentre “Giulio” mise in salvo tutti i suoi, come riuscì a fare anche ai primi di settembre lasciando il campo di Granezza prima dell'accerchiamento nazifascista.
Secondo “Giulio” la guerriglia partigiana non doveva mai ingaggiare scontri diretti col nemico come fecero quelli della “Mazzini”.
Giorgio Spiller
La Liberazione dell'Altopiano. "Giulio" sul predellino e alla sua dx seduto sul cofano "Leo", Giulio Vescovi