1 Treno Ponte Mosele Moerar

Il Treno in prossimità di Asiago sul ponte che scavalcava la strada Mosele Mörar

 

Tutti ad Asiago

Alla fine degli anni '50 noi bambini di Canove raggiungevamo Asiago percorrendo a piedi la ferrovia, sfidandoci e sfinendoci in gare di equilibrio sulle rotaie del treno, o saltellando ritmicamente sulle traversine inventando ritmi e coreografie anche con una gamba sola; in questo le bambine ci superavano abituate a cimentarsi nel gioco del Campanon, tra le geometrie disegnate col gesso per terra.
Noi maschi invece gareggiavamo ponendo ogni sorta di oggetti sulle rotaie per vedere l'effetto che su di loro avrebbero fatto le ruote al passaggio del treno. Erano soprattutto "i schei mati" a finire là sotto, le monete fuori corso del Ventennio di cui avevamo le tasche piene; il testone del duce con l'elmo ne usciva ogni volta personalizzato, un modo per mandarlo anche lui in guerra, o a quel paese delle lontane Russie dove aveva mandato senza ritorno i genitori di qualcuno di noi.
Il fischio lungo e prolungato che ci raggiungeva da lontano, e il fumo che usciva a folate intermittenti dal bosco di Cesuna, aggiungeva adrenalina al viaggio; in silenzio religioso ci facevamo da parte per vederlo passare, riempiendoci le narici di quell'odore misto di fumo e ferraglia che la possente locomotiva lasciava dietro di sé.
Era un treno enorme, immenso nella sua potenza col suo sbuffare stantuffare e sferragliare, soprattutto in relazione all'ambiente che attraversava, altro che trenino come lo chiamano oggi.
Quella macchina meravigliosa ci ha fatto sognare come il transatlantico Rex ha fatto sognare il giovane Fellini nell'Amarcord della sua Rimini.

2 Pastine Brazzale RID

Ruote e cannoli 

 

Appena giunti ad Asiago ci recavamo in Corso nella pasticceria Brazzale, lì davamo fondo alle monetine che avevamo racimolato per la gita.
Di quelle pastine riuscivamo a mangiarne anche sette di fila. Lì ho imparato che la qualità sta nelle cose piccole e che bisogna diffidare delle pastine grandi dai colori sgargianti.
Quelle di Brazzale oltre che piccole erano monocrome con una pasta sottile che rivestiva la crema dei cannoli, i pezzi forti assieme alle ruote, ma anche cannoncini, cestini e fagottini triangolari.
Forse quelle paste erano un po' burrose, ma prive di margarina ormai presente in quasi tutti i dolci di oggi.
In quegli anni di corsa sfrenata al benessere, la pubblicità riuscì a demonizzare il burro abbindolando anche i nostri genitori cresciuti con le mucche dietro casa.

3 Brazzale e Sceran

Sandro Brazzale e Ninin Forte Sceran sul Portule

 

Mentre ero intento in questo rito notavo che alle pareti c'erano delle foto di paesaggi altopianesi, ma non ci facevo molto caso.
Più tardi sono venuto a sapere che quelle foto erano del pasticcere Sandro Brazzale e venivano stampate in un una camera oscura attigua al laboratorio: prendevano forma immerse nell'acido delle bacinelle mentre le pastine cuocevano nel forno.
Anche il pasticcere Brazzale riusciva a ritagliare spazio all'attività artigiana per dedicarsi alla fotografia, come l'amico calzolaio Giovanni Forte si dedicava alla pittura.
Non a caso i due salivano sui luoghi più impervi dell'Altopiano per condividere le comuni passioni per fotografia, pittura e natura incontaminata.

4 Copertina Giaugo RID

 Malga Giaugo tra il Termine e monte Mandriolo, ora fatiscente

 

 

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