Lo Zio Albino guida la GIL di Canove sul Portule. Sullo sfondo Cima 12
4 febbraio 2019
lo so, me lo hai detto tante volte che tu amavi sopra ogni cosa lo sport, ne hai praticati molti, dal calcio dove stavi per intraprendere una carriera professionistica, allo sci da fondo dove oltre che atleta sei stato anche istruttore per generazioni di altopianesi; l'alpinismo e l'escursionismo erano le tue passioni che praticavi in tutto l'Altopiano di cui conoscevi ogni anfratto, ti sei calato perfino nel Giakominerloch con la prima esplorazione speleologica del 1932.
Del resto avevi un fisico eccezionale, eri sempre in canottiera, anche d'inverno quando guidavi i giovani della GIL sul Portule; caloroso come la mamma sempre sbracciata ad aprire le finestre e a questionare col papà sempre imbacuccato vicino alla stufa.
Zio Albino con squadra dell'Arzignano
Quando d'inverno venivo nella grande casa di Canove dormivo nella camera vicino alla tua, tu, sfogliando distrattamente il giornale mi raccontavi di montagne, sci, boschi e imprese alpinistiche, finché mi addormentavo pieno di sogni d'alta quota sotto le lenzuola calde di legna e monega, che mi viene da piangere dalla nostalgia al solo pensarci.
La prima impresa per cercare di imitarti è stata scappare di casa col sacco a pelo per andare a dormire in un un posto magico che mi avevi indicato e che ora conosco solo io, giù alle Seleghen Baibelen di Canove: una kubala affacciata sul precipizio dell'Assa. Da allora non mi sono più fermato e ora i luoghi dei tuoi racconti li conosco tutti.
E poi c'era il cugino Alberto, generale dell'aviazione che, fresco dell'Accademia Militare di Pozzuoli, quando si alzava in volo ad Istrana deviava quassù per scendere in picchiata sulla Obastat a far tremare Canove di Sotto: un volteggio sulla piana per chiamarci a raccolta per poi sbucare improvvisamente dal Lèmerle e, neanche il tempo di girarci, era già scomparso dietro l'Erio lasciandoci intronati a tapparci le orecchie con le mani.
Il nonno Tönle brontolava e imprecava rifugiandosi in stalla; da quando si era separato dal carro e dal cavallo non era più lui, si era spezzato il suo mondo: su è giù per il Costo carico di scorze, tra il Pusterle, la Meatta e la Cartiera di Lugo.
Parlava poco, in cimbro solo con i suoi coetanei che passavano sempre più di rado, e con lo zio Meto costretto a letto da una paralisi, che gli rispondeva bofonchiando dal piano di sopra smanettando sulla fisarmonica con motivi sempre più neniosi.
Era grande il tuo orgoglio nel vedere un figlio emulare le acrobazie di Romeo Sartori, anche se dal caccia non scendevano caramelle come quelle che il temerario pilota lanciava a voi bambini e adolescenti in festa sporgendosi dall'ultraleggero. Canove nei primi anni '20 era una landa di macerie con qualche baracca qua e là e i vostri campi da gioco tra i ruderi.
Canove 1919, bivio per Cesuna
Nel 1936 eri all'inaugurazione del campo di aviazione dedicato a Romeo Sartori, dall'alto dei tuoi due metri fai capolino in quasi tutte le foto come si vede nel post precedente; del resto eri il più alto dell'Altopiano, sempre nelle prime file alle parate: l'uomo immagine del regime in perfetta divisa fascista.
Lo so zio me lo hai detto tante volte, la tua era solo una passione per lo sport dove il regime investiva molto in quegli anni; ma ritrovarti lì in mezzo con il pugnaletto al fianco e il braccio teso non è stato un bel vedere.
Io poi non ho mai subito il fascino per le divise: labari, gagliardetti, mostrine e ammassamenti, ne ho un tale rifiuto che faccio ancora fatica a riconoscere un vigile urbano da un carabiniere.
Ecco questo volevo dirti zio, qui non ho imparato niente da te, ma per tutto il resto rimarrai sempre il mio grande zio.
Lo zio Albino in gara sotto la M di Mussolini che capeggiava i raduni oceanici di Asiago